Una danza di numeri, un vortice di termini che descrivono, per gli addetti ai lavori (agli altri basta la vita ‘in diretta’) la situazione del lavoro negli ultimi mesi, nell’ultimo trimestre! Li dicono provvisori, questi numeri, ma sono stabilmente critici. Lo dice l’ISTAT che procede al confronto dei numeri ricordando che già nel dicembre 2019 l’occupazione calava ed il suo bel dato percentuale lo descriveva ma… diciamolo meglio: oggi meno 444mila unità, cioè persone, di cui meno 235mila lavoratori dipendenti e meno 209mila lavoratori autonomi. Molti di questi sono i ‘fortunati’ lavoratori, quelli alla luce del sole, quelli per i quali oggi ci possono essere misure straordinarie, così come quegli altri che oggi ‘lavorano’ finché durerà il blocco dei licenziamenti, e dopo? Ma se oggi mancano all’appello 444mila occupati rispetto ai mesi precedenti alla crisi dobbiamo non dimenticare che la crisi ha colpito maggiormente chi aveva contratti a termine o lavori saltuari, o in nero, e i lavoratori autonomi che stanno pagando un prezzo altissimo. La crisi ha colpito di più un mercato del lavoro reso flessibile dalle tante riforme...
Ed allora la Pasqua del lavoro è sì morire precipitando nel baratro di una vita senza lavoro, senza dignità, senza futuro per poi risorgere, ma come?
Risorgere in un mercato del lavoro degno del XXI secolo con una garanzia universale dei lavoratori che tuteli un insieme di regole e di diritti fondamentali indipendentemente dalla tipologia di contratto e dalla posizione della professione.
Risorgere con un cambiamento di paradigma per cui finalmente nella contabilità delle imprese il ‘capitale umano’ sia il vero patrimonio su cui investire in formazione, e non un costo.
Risorgere con imprese orientate sempre di più alla sostenibilità sociale e ambientale, le più resilienti nei confronti della crisi, sulla via della transizione ecologica, unico orizzonte di senso anche per promuovere l’occupazione.
Risorgere sostenendo il Terzo settore - organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, imprese sociali e cooperative etc. - che si è rivelato essenziale ed efficace nella gestione della crisi.
Risorgere anche ricorrendo al telelavoro ed allo smart working efficace per il distanziamento sociale, per contribuire alla riduzione delle emissioni di CO₂ , per favorire un maggiore equilibrio tra vita privata e vita professionale. Purchè non lavoro a distanza dal mondo.
E risorgeremo solo se nulla sarà come prima: mai più allora accomodati su uno sterile ritorno al passato, ma finalmente capaci di rigenerazione perché abbiamo capito che la situazione è divenuta maggiormente esplosiva proprio laddove già manifestava la sua maggiore fragilità, solo che non la si è voluta vedere.
Ed allora moriremo e risorgeremo da donne e da uomini del sud con una propria storia ed una propria geografia. Perché è solo avendo chiare le nostre coordinate spazio/temporali che potremo essere nel mondo, nel presente e nel futuro.
Risorgeremo se ci liberemo di una sorta di complesso di marginalità nei confronti del nord, se ci libereremo del nord come modello di sviluppo e sapremo costruire un nostro modello, se assumeremo finalmente una postura eretta e rivendicheremo pari diritti a fronte di altrettanti doveri, così come la democrazia e le leggi esigono.
Risorgeremo noi penisola salentina nella penisola italiana, appendice nella “appendice Italia” dell’Europa, terra proiettata nel Mediterraneo il ‘mare nostro’ di un passato mai dimenticato.
Risorgeremo da regione obiettivo tra le cinque del sud con la loro economia alimentata dai fondi strutturali europei, spesi male, molto spesso non spesi o sprecati, in progetti realizzati a metà o assolutamente non connessi tra di loro e con il mondo, manifestando così una colpevole assenza di visione politica. Risorgeremo se sapremo colmare la carenza dei fondi dello stato italiano per il sud, da investire in strutture, infrastrutture e servizi.
Risorgeremo se supereremo il conflitto lavoro intellettuale e manuale, tra un passato in cui la laurea era strumento di riscatto ed accesso all’ascensore sociale, un passato in cui o si lavorava di cervello o si lavorava di braccio, per un presente in cui si possa lavorare pensando ed avendo una formazione vera e flessibile da spendere.
Risorgeremo riaffermando un patto tra generazioni per la reciproca accoglienza e la cura e se coglieremo questa crisi come opportunità per far nascere e crescere una nuova generazione di imprenditori, giovani, donne, ex dipendenti che si reinventano e vengono accompagnati da politiche di sostegno al lavoro indipendente.
Risorgeremo oltre la fuga dei cervelli e la fuga dalle campagne, oltre l’emigrazione e l’immigrazione, risorgeremo accoglienti, risorgeremo oltre la grande industria di stato e la monocoltura per capire che piccoli mestieri, piccole botteghe, diversità e varietà, portano alle piccole e piccolissime imprese, raramente medie, che potrebbero essere anche al sud, anche nella nostra realtà, il vero tessuto produttivo.
Risorgeremo ripartendo da uno dei settori più segnati dalla pandemia, dalla cultura, in cui siamo ricchissimi, dall’ambiente devastato eppure da sogno, dalla persona, dai tempi della vita, dal locale e dal generale, con mente e cuore aperti, risorgeremo insieme come comunità stabilendo salde reti di collaborazione e condivisione, risorgeremo perché noi crediamo da testimoni che dopo la morte c’è la risurrezione e che il regno è qui.
Ecco allora il vero augurio di questa santa Pasqua è questo che ‘nulla torni come prima’.
Daniela Vantaggiato
Direttore Ufficio diocesano Pastorale sociale e del lavoro
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